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Vigilanza: anno nuovo, burocrazia e mentalità vecchie

Una circolare del Ministero dell’Interno, dei primi di gennaio, rende più stringenti e impegnative le regole su autorizzazioni all’attività e relative cauzioni. Inoltre chiude le porte a futuri ampliamenti di competenze per i privati “appaltatori” di servizi sul territorio.
C’è un sottile fil rouge che unisce tutta o gran parte dell’attività svolta, in questi ultimi anni, dalle associazioni di categoria della vigilanza privata, delle investigazioni, della gestione del credito. Si tratta della proposta, diretta o implicita, di maggior collaborazione tra pubblico e privato, tra amministrazioni di diverso grado e competenze e le organizzazioni imprenditoriali o cooperative; l’offerta di un maggior impegno, nei rispettivi ambiti, da parte degli operatori professionali, gratificati di qualche competenza in più, per alleggerire le fatiche e lo stress di servizi fondamentali per il cittadino, nello svolgimento dei quali gli enti pubblici e le forze dell’ordine registrano e denunciano, da anni, un po’ di fiatone.
Ne abbiamo parlato molte volte anche su queste pagine e l’impressione, tra sussulti, difficoltà, scatti in avanti e marce indietro, promesse e buoni propositi, era che si stesse lentamente facendo qualche passo avanti.
Si respirava, insomma, un cauto ottimismo verso il domani, contando anche su una intelligente presa di coscienza delle autorità preposte sui limiti attuali delle proprie energie e della situazione economico-operativa generale.
Se il buon giorno si vede dal mattino, come si suol dire, l’anno che inizia decreta invece il momento della disillusione.
La “bastonata” arriva il 2 gennaio, con la circolare del Ministero dell’Interno del 16 dicembre 2019, che fornisce importanti chiarimenti circa la modalità di versamento della cauzione prevista per l’autorizzazione alle attività specifiche e alcuni quesiti riguardanti le procedure di rinnovo della licenza ex 134 TULPS. Inoltre la comunicazione indica in modo perentorio i limiti delle attività concesse alle agenzie private cui enti territoriali abbiano appaltato o desiderino assegnare attività di “controllo del territorio” (in senso lato).
Senza entrare nei dettagli i succo è il seguente, partendo dalla sfera burocratica: i contratti stipulati a titolo di cauzione dovranno avere durata triennale, mentre fino a oggi erano spesso soggetti a rinnovo anno per anno, con la conseguenza che la maggior di quelli già in essere parte andrà rivista e rinegoziata; non vi sarà più alcuna tolleranza per la mancata o ritardata richiesta di prosecuzione; nei casi di ritardo, le attività svolte nelle more saranno considerate illegali, a scapito di qualsiasi presunzione di legittimità, e la richiesta successivamente presentata sarà trattata come una prima istanza, anziché come domanda di prosecuzione.
Sul piano operativo il Ministero chiude ogni spiraglio all’allargamento di poteri e competenze in capo agli operatori privati, oltre quelli fino a oggi concessi, paventando addirittura la possibile sanzione per chi abbia agito finora, fuori da tali confini, in nome di accordi “sbagliati” o elastici stipulati tra i contraenti.
Non ci permettiamo naturalmente di contestare il merito del documento e le valutazioni effettuate da esperti e funzionari dell’amministrazione: quanto stabilisce lo Stato, per noi, è corretto, fino a qualificata prova contraria.
Notiamo solo come il primo segnale, di chiusura, ci induca a non sperare in meglio per altre questioni analoghe sul tavolo. Il che sancirebbe lo spreco di sforzi, pensieri, impegno misurabili in anni, da parte di tutti.
Possiamo, naturalmente, peccare di pessimismo (ce lo auguriamo). Ci preme ricordarlo a tutti gli interessati: noi, operatori e associazioni, ci siamo, e siamo ancora convinti di poter essere molto, ma molto più utili al cittadino di quanto possiamo fare oggi. Non sottovalutiamolo, non diamolo per scontato, non chiudiamo del tutto la porta a dialogo e possibilità. Se non altro, non complichiamoci troppo la vita.
Buon anno a tutti, Ministeri compresi.
 
 

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